Il pointillisme, movimento sorto nel 1885 e battezzato l'anno successivo neoimpressionismo dal critico Fénéon, è innanzitutto un metodo di analisi visiva e una tecnica consistente nella divisione sulla tela dei toni in minuscole macchie di colori puri accostati tra loro, le quali, osservate a distanza, ricompongono l'unità del tono. Tale tecnica conferisce alla tela la massima vibrazione luminosa mediante la sostituzione dell'impasto con il miscuglio ottico e il contrasto simultaneo che rende sistematica la giustapposizione dei colori complementari. I pittori, nella pratica, applicano sulla tela piccoli tocchi di colore puro ravvicinati, lasciando alla retina dello spettatore il compito di operare la mescolanza dei toni cromatici. Influenzato dal positivismo e basato sulle recenti scoperte scientifiche, il pointillisme dalla Francia si diffuse presto in Belgio e Olanda.
Il percorso della mostra è in sette sezioni che illustrano le tipologie di soggetti studiati, nei quali arte e scienza si avvicinano in un periodo in cui le grandi città subiscono una forte urbanizzazione e un nuovo modo di costruire e di pensare. Di temperamento e formazione radicalmente diverse, Georges Seurat e Paul Signac si conoscono nel 1884 in occasione della prima mostra degli artisti indipendenti. Le loro tele dell’epoca mostrano una pennellata molto breve e accostamenti coloristici particolari.
Le periferie sono paesaggi nuovi, in continua trasformazione, che non sono né campagna né città, delizia per svaghi ma anche fabbriche, come “I gasometri. Clichy” di Signac. Particolare “Il Faubourg sotto la neve” il cui effetto-neve è dato da una miriade di puntini bianchi sopra la tela.
Ne “le stagioni e i lavori” gli artisti coniugano la tecnica esigente della divisione della tonalità con lo spiccato gusto impressionista per l'analisi e la traduzione della luce sui paesaggi. In Seurat e Signac è assente la preoccupazione sociale (Morren, “Tramonto del giorno”, appare come una pace dei lavoratori che rimanda a Millet declinato con la nuova tecnica), la sua è una poesia distaccata, quasi distratta. Il curioso “Prato delle lavandaie” (ancora Morren) ha i panni bianchi stesi ad asciugare sull'erba verde.
Grazie allo sviluppo della ferrovia, i parigini scoprono il fascino delle spiagge normanne e bretoni. Le loro marine si riducono spesso a un puro studio di luce e colori con accordi cromatici raffinati. In “Avamporto” di Seurat il gioco di triangoli delle vele è equilibrato dall'orizzonte e dalle rive. Spesso il titolo descrive, mentre il sottotitolo evoca un'emozione (Signac, “Concarneau. Calma della sera. Allegro maestoso”). Questi lavori sembrano apparentemente semplici dal punto di vista tecnico, invero sono complessi e comportano studi preparatori e disegni preliminari, arrivando al risultato finale per tappe progressive, con questo decretando per sempre la separazione dall'impressionismo e riallacciando i legami con la tradizione.
In quegli anni Parigi è un vasto cantiere, ma anche luogo di divertimento e incontri: cafè, circo e cabaret (Seurat, “Chahut. Studio”); la nuova luce a gas rende la città nuovissima (Luigi Russolo, “Periferia”, 1909, ricorda la “Lampada ad arco” di Balla). Oltre i due famosi a cui la mostra è intitolata, molto interessante è la nutrita presenza di artisti meno conosciuti: Bremmer, Delavallée, Dubois-Pillet, Finch, Gausson, Hayet, Luce, Toorop, van de Velde, van Rysselberghe. Fra i ritratti da segnalare le “Due sorelle” di Lemmen di impostazione quasi preraffaellita, la “Donna che si pettina” di Signac (Previati “Nel prato” è paesaggio più che ritratto).
Dopo la morte di Seurat nel 1891, Signac prende il mano le sorti del movimento: la pennellata si allarga e dà una maggiore importanza al colore. La “Spiaggia” di Cross è quasi simbolista, per il resto sono marine. Ma siamo già verso le avanguardie, come dimostra “Vele e pini” con cui Signac annuncia nel 1896 i Fauves: alla morte del suo più caro amico, Signac cambia il suo modo di dipingere, inizia a usare colori forti e stende pennellate meno precise e più grandi rispetto ai puntini, in questo caso piccoli quadrati come tessere di mosaico per rendere un porto nel sud della Francia, esprimendo un'arte più libera, già pienamente novecentesca.
Il percorso si chiude con l'emozionante “Agave sul mare” di Balla. Che apre il ragionamento a quello che è il quesito più interessante posto dalla mostra: il rapporto tra neoimpressionismo e divisionismo. I divisionisti non sono i seguaci, un po’ in ritardo, dei neoimpressionisti. Infatti i francesi sono figli degli impressionisti, come anche il nome lascia intendere, mentre gli italiani prendono lezioni dalla scapigliatura, da cui derivano la pennellata frantumata, come di vapore e, soprattutto l’attenzione ai temi sociali, a cui i francesi sono invece quasi del tutto indifferenti. Ciò emerge chiaro dal confronto che, secondo noi, fa prevalere i divisionisti, i quali sono più aggiornati dei “Néo” rispetto alla cultura del tempo: intrisi di pensiero socialista, i divisionisti sono attentissimi alle emergenze sociali della nuova civiltà industriale, che registrano nei loro dipinti non solo sul piano ottico ma anche su quello, ben più importante, dei contenuti.
In mostra grandi riproduzioni di particolari delle tele per ammirare nel dettaglio i “puntini” e anche una sezione sullo studio dei colori, la loro scomposizione e i meccanismi di percezione dell'occhio umano, curata da Francesca Valan. Uscendo si può attaccare un puntino a una riproduzione della “Grande Jatte”, partecipando così in prima persona all'avventura della pittura.
Milano, Palazzo Reale, fino al 25 gennaio 2009, aperta da martedì a domenica dalle 9,30 alle 19,30, lunedì dalle 14,30 alle 19,30, giovedì chiusura posticipata alle 22,30, ingresso euro 9,00, catalogo Skira, infoline 02.54919, sito internet www.ineoimpressionisti.it
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